Ricordando Luigi Tenco nel 50° anniversario dalla morte
una produzione Santibriganti Teatro.
di e con: Orlando Manfredi e Luca Occelli.
Drammaturgia, musiche originali: Orlando Manfredi.
Luci e fonica: Cristian Piovano.
Installazione scenica: Ivan Tozzoli.
Consulenza artistica: Mauro Piombo.
Come succede negli incontri magici, i due attori vanno a sbattere ancora bambini nelle parole di Tenco e di Pavese. Da quel momento il corso delle loro vite prenderà inquietanti forme pavesiane e tenchiane. Ma il fatto è che Tenco e Pavese parlano attraverso un disarmante autobiografismo il
linguaggio dell’universale.
Orlando Manfredi e Luca Occelli danno vita alla storia di un Epigono - chiamato il Nostro - che cerca con esiti tragicomici di replicare le grandezze e i fallimenti, l’arte e la vita dei due idoli piemontesi.
Il recital concerto è una creazione originale: le scene si intrecciano attraverso il racconto, il canto, la musica, la poesia, in una fitta alternanza di serrati dialoghi, partiture verbali, monologhi intimisti, canzoni e narrazioni teatrali, all’insegna di una leggerezza e di una originalità di lettura, che rimettono al centro la vitalità di due traiettorie artistiche e umane tra le più incisive del Novecento.
Oltre ad appassionarsi, a commuoversi e a ridere della vicenda del “Nostro”, il pubblico scopre che Tenco e Pavese hanno davvero molto in comune. Pensiamo alla semplicità della loro voce poetica, alla parola scabra, diretta, coraggiosamente semplice ma mai banale. Pensiamo all’attitudine esistenzialista della loro indagine. Pensiamo al difficile impegno nel mondo e, infine, alla considerazione postuma davvero popolare della loro opera e della loro figura: sono lo scrittore e il cantautore di tutti e di un tempo che fu.
Che si dice dello spettacolo:
“In effetti, il lavoro è lieve e affettuoso. E il “posto per volare” altro non è che il luogo che quei due, Tenco e Pavese, ma anche Manfredi e Occelli, formano stando insieme, scrivendo e suonando, recitando e cantando, cercando la complicità del pubblico […]. E per un’ora almeno il tempo lo tengono lì con te, gli danno la forma di diventare piacere”. (Gian Luca Favetto, Repubblica.it)